Artaserse, libretto, Mannheim, Pierron, 1751

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Parte interna della fortezza, nella quale è ritenuto prigione Arbace.
 
 ARBACE, poi ARTASERSE
 
 ARTASERSE
 Arbace.
 ARBACE
                  Oh dei, che miro! In questo albergo
 di mestizia e d'orror chi mai ti guida?
 ARTASERSE
1025La pietà, l'amicizia.
 ARBACE
                                       A funestarti
 perché vieni, o signor?
 ARTASERSE
                                            Vengo a salvarti.
 ARBACE
 A salvarmi!
 ARTASERSE
                         Non più. Per questa via,
 che in solitaria parte
 termina della reggia, i passi affretta;
1030fuggi cauto da questo
 in altro regno e quivi
 rammentati Artaserse, amalo e vivi.
 ARBACE
 Mio re, se reo mi credi,
 perché vieni a salvarmi? E se innocente,
1035perché debbo fuggir?
 ARTASERSE
                                          Se reo tu sei,
 io ti rendo una vita
 che a me donasti. E se innocente, io t'offro
 quello scampo che solo
 puoi tacendo ottener. Fuggi, risparmia
1040d'un amico all'affetto
 d'ucciderti il dolor. Placa i tumulti
 di quest'alma agitata.
 ARBACE
 Ma potrebbe il tuo dono
 un giorno esser palese. E allora...
 ARTASERSE
                                                              Ah parti;
1045amico io te ne priego e se pregando
 nulla ottener poss'io, re tel comando.
 ARBACE
 Ubbidisco al mio re. Possa una volta
 esserti grato Arbace. Ascolti intanto
 il cielo i voti miei;
1050regni Artaserse e gli anni
 del suo regno felice
 distinguano i trionfi. Allori e palme
 tutto il mondo vassallo a lui raccolga.
 Lentamente ravvolga
1055i suoi giorni la parca e resti a lui
 quella pace ch'io perdo,
 che non spero trovar fino a quel giorno
 che alla patria e all'amico io non ritorno.
 
    L'onda dal mar divisa
1060bagna la valle, il monte,
 va passaggiera in fiume;
 va prigioniera in fonte,
 mormora sempre e geme
 fin che non torna al mar.
 
1065   Al mar dov'ella nacque,
 dove acquistò gli umori,
 dove dai lunghi errori
 spera di riposar. (Parte)
 
 SCENA II
 
 ARTASERSE
 
 ARTASERSE
 Quella fronte sicura e quel sembiante
1070non l'accusano reo. L'esterna spoglia
 tutta d'un'alma grande
 la luce non ricopre
 e in gran parte dal volto il cor si scopre.
 
    Nuvoletta opposta al sole
1075spesso il giorno adombra e vela
 ma non cela il suo splendor.
 
    Copre invan le basse arene
 picciol rio col velo ondoso,
 che rivela il fondo algoso
1080la chiarezza dell'umor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 ARTABANO con seguito di congiurati, poi MEGABISE
 
 ARTABANO
 Figlio, Arbace, ove sei? Dovrebbe pure
 ascoltar le mie voci. Arbace? O stelle!
 Dove mai si celò? Compagni intanto
 ch'io ritrovo il mio figlio,
1085custodite l'ingresso. (Entra fra le scene a mano destra)
 MEGABISE
                                        E ancor si tarda? (Alli congiurati)
 Ormai tempo saria... Ma qui non vedo
 né Artabano né Arbace!
 Che si fa? Che si pensa? In tanta impresa
 che lentezza è mai questa?
1090Artabano, signore. (Entrando fra le scene a mano sinistra)
 ARTABANO
                                      O me perduto! (Uscendo dall’istesso lato, per il quale entrò ma da strada diversa)
 Non trovo il figlio mio. Gelar mi sento;
 temo... Dubito... Ascoso
 forse in quest'altra parte io non invano...
 Megabise! (Incontrandosi in Megabise, quale esce dall’istesso lato per il quale entrò ma da strada diversa)
 MEGABISE
                        Artabano!
 ARTABANO
1095Trovasti Arbace?
 MEGABISE
                                  E non è teco?
 ARTABANO
                                                             O dei!
 Crescono i dubbi miei.
 MEGABISE
                                             Spiegati, parla,
 che fu d'Arbace?
 ARTABANO
                                  E chi può dirlo. Ondeggio
 fra mille affanni e mille
 orribili sospetti. Il mio timore
1100quante funeste idee forma e descrive!
 Chi sa che fu di lui! Chi sa se vive!
 MEGABISE
 Cessin gli dei l'augurio. Ah ricomponi
 i tumulti del cor. Sia la tua mente
 men torbida e più pronta,
1105che l'impresa il richiede.
 ARTABANO
                                                E quale impresa
 vuoi ch'io pensi a compir, perduto il figlio?
 MEGABISE
 Signor che dici? Avrem sedotti invano
 tu i reali custodi ed io le schiere?
 Risolviti; a momenti
1110va del regno le leggi
 Artaserse a giurar. La sacra tazza
 già per tuo cenno avvelenai. Vogliamo
 perder così vilmente
 tanto sudor, cure sì grandi?
 ARTABANO
                                                     Amico,
1115se Arbace io non ritrovo,
 per chi deggio affannarmi? Era il mio figlio
 la tenerezza mia. Per dargli un regno
 divenni traditor; per lui mi resi
 orribbile a me stesso; e lui perduto
1120tutto dispero e tutto
 veggo de' falli miei rapirmi il frutto.
 MEGABISE
 Arbace estinto o vivo
 dalla tua mano aspetta
 il regno o la vendetta.
 ARTABANO
                                          Ah questa sola
1125in vita mi trattien. Sì Megabise
 guidami dove vuoi, di te mi fido.
 MEGABISE
 Fidati pur, che a trionfar ti guido. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ARTABANO
 
 ARTABANO
 Trovaste avversi dei
 l'unica via d'indebolirmi; al solo
1130dubbio che più non viva il figlio amato,
 timido, disperato
 vincer non posso il turbamento interno
 che a me stesso di me toglie il governo.
 
    Figlio se più non vivi,
1135morrò; ma del mio fato
 farò che un re svenato
 preceda messaggier.
 
    Infin che il padre arrivi
 fa' che sospenda il remo
1140colà sul guado estremo
 il pallido nocchier. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Gabinetto.
 
 MANDANE, poi SEMIRA
 
 MANDANE
 O che all'uso de' mali
 istupidisca il senso o ch'abbian l'alme
 qualche parte di luce
1145che presaghe le renda, io per Arbace
 quanto dovrei non so dolermi. Ancora
 l'infelice vivrà; se fosse estinto
 già pur troppo il saprei. Porta i disastri
 sollecita la fama.
 SEMIRA
                                 Alfin potrai
1150consolarti Mandane. Il ciel t'arrise.
 MANDANE
 Forse il re sciolse Arbace?
 SEMIRA
                                                  Anzi l'uccise.
 MANDANE
 Come!
 SEMIRA
                È noto a ciascun; benché in segreto
 ei terminò la sua dolente sorte.
 MANDANE
 (O presaggi fallaci! O giorno! O morte!)
 SEMIRA
1155Eccoti vendicata, ecco adempito
 il tuo genio crudel. Ti basta, o vuoi
 altre vittime ancor? Parla.
 MANDANE
                                                  Ah Semira,
 soglion le cure lievi esser loquaci
 ma stupide le grandi.
 SEMIRA
                                          Alma non viddi
1160della tua più inumana. Al caso atroce
 non v'è ciglio che sappia
 serbarsi asciutto e tu non piangi intanto.
 MANDANE
 Picciolo è il duol, quando permette il pianto.
 SEMIRA
 Va', se paga non sei, pasci i tuoi sguardi
1165su la trafitta spoglia
 del mio caro germano. Osserva il seno,
 numera le ferite e lieta in faccia...
 MANDANE
 Taci, parti da me.
 SEMIRA
                                   Che io parta e taccia!
 Fin che vita ti resta
1170sempre intorno m'avrai. Sempre importuna
 render i giorni tuoi voglio infelici.
 MANDANE
 E quando io meritai tanti nemici?
 
    Mi credi spietata?
 Mi chiami crudele?
1175Non tanto furore,
 non tante querele;
 che basta il dolore
 per farmi morir.
 
    Quell'odio, quell'ira
1180d'un'alma sdegnata,
 ingrata Semira,
 non posso soffrir. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SEMIRA
 
 SEMIRA
 Forsennata, che feci! Io mi credei
 con divider l'affanno
1185a me scemarlo e pur l'accrebbi. Allora
 che insultando Mandane
 qualche ristoro a questo cor desio,
 il suo trafiggo e non risano il mio.
 
    Non è ver che sia contento
1190il veder nel suo tormento
 più d'un ciglio lagrimar.
 
    Che l'essempio del dolore
 è uno stimolo maggiore
 che richiama a sospirar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 ARBACE, poi MANDANE
 
 ARBACE
1195Né pur qui la ritrovo. Almen vorrei
 dell'amata Mandane
 calmar gli sdegni e l'ire,
 rivederla una volta e poi partire.
 In più segreta parte
1200forse potrò... Ma dove
 temerario m'inoltro? Eccola, o dei!
 Ardir non ho di presentarmi a lei. (Si ritira in disparte inosservato)
 MANDANE
 Olà non si permetta in queste stanze
 a veruno l'ingresso. Eccovi alfine (Ad un paggio, il quale ricevuto l’ordine entra nella scena donde è uscito Arbace)
1205miei disperati affetti
 eccovi in libertà. Del caro amante
 versai barbara il sangue. Il sangue mio (Impugna uno stile in atto d’uccidersi)
 è tempo di versar.
 ARBACE
                                    Fermati.
 MANDANE
                                                       Oh dio! (Vedendo Arbace le cade lo stile)
 ARBACE
 Quale ingiusto furor...
 MANDANE
                                           Tu in questo luogo!
1210Tu libero! Tu vivo!
 ARBACE
                                     Amica destra
 i miei lacci disciolse.
 MANDANE
                                         Ah fuggi; ah parti;
 misera me; che si dirà, se alcuno
 qui ti ritrova? Ingrato
 lasciami la mia gloria.
 ARBACE
                                           E chi poteva
1215mio ben senza vederti
 la patria abbandonar?
 MANDANE
                                           Da me che vuoi
 perfido traditor?
 ARBACE
                                  No, principessa,
 non dir così. So ch'hai più bello il core
 di quel che vuoi mostrarmi; è a me palese;
1220tu parlasti o Mandane e Arbace intese.
 MANDANE
 O mentisci o t'inganni o questo labbro
 senza il voto dell'alma
 per uso favellò.
 ARBACE
                               Ma pur son io
 ancor la fiamma tua.
 MANDANE
                                         Sei l'odio mio.
 ARBACE
1225Dunque crudel t'appaga;
 ecco il ferro, ecco il sen, prendi e mi svena. (Presentandole la spada nuda)
 MANDANE
 Saria la morte tua premio e non pena.
 ARBACE
 È ver, perdona, errai;
 ma questa mano emenderà... (In atto d’uccidersi)
 MANDANE
                                                         Che fai?
1230Credi forse che basti
 il sangue tuo per appagarmi? Io voglio
 che publica, che infame
 sia la tua morte e che non abbia un segno,
 un'ombra di valor.
 ARBACE
                                     Barbara, ingrata;
1235morrò come a te piace, (Getta la spada in atto di partire)
 torno al carcere mio.
 MANDANE
                                        Sentimi Arbace.
 ARBACE
 Che vuoi dirmi?
 MANDANE
                                 Ah nol so.
 ARBACE
                                                     Sarebbe mai
 quello che mi trattiene,
 qualche resto d'amor?
 MANDANE
                                           Crudel che brami.
1240Vuoi vedermi arrossir? Salvati, fuggi,
 non affliggermi più.
 ARBACE
                                        Tu m'ami ancora,
 se a questo segno a compatirmi arrivi.
 MANDANE
 No, non crederlo amor ma fuggi e vivi.
 ARBACE
 
    Tu vuoi che io viva o cara;
1245ma se mi nieghi amore,
 cara mi fai morir.
 
 MANDANE
 
    Oh dio, che pena amara!
 Ti basti il mio rossore;
 più non ti posso dir.
 
 ARBACE
 
1250   Sentimi...
 
 MANDANE
 
                         No.
 
 ARBACE
 
                                   Tu sei...
 
 MANDANE
 
 Parti dagli occhi miei,
 lasciami per pietà.
 
 A DUE
 
    Quando finisce o dei,
 la vostra crudeltà?
 
 A DUE
 
1255   Se in così gran dolore
 d'affanno non si muore,
 qual pena ucciderà? (Partono)
 
 SCENA VIII
 
 Luogo magnifico destinato per la coronazione di Artaserse. Trono da un lato con sopra scettro e corona. Ara nel mezzo con simulacro del Sole.
 
 ARTASERSE ed ARTABANO con numeroso seguito e popolo
 
 
 ARTASERSE
 A voi popoli io m'offro
 non men padre che re. Siatemi voi
1260più figli che vassalli.
 Sarà del regno mio
 soave il freno. Esecutor geloso
 delle leggi io sarò. Perché sicuro
 ne sia ciascun, solennemente il giuro. (Una comparsa reca una sottocoppa con la tazza)
 ARTABANO
1265Ecco la sacra tazza. Il giuramento
 abbia nodo più forte; (Porge la tazza ad Artaserse)
 compisci il rito. (E beverai la morte).
 ARTASERSE
 «Lucido dio, per cui l'april fiorisce,
 per cui tutto nel mondo e nasce e muore,
1270volgiti a me; se il labbro mio mentisce
 piombi sopra il mio capo il tuo furore,
 languisca il viver mio, come languisce
 questa fiamma al cader del sacro umore, (Versa sul foco parte del liquore)
 e si cangi, or che bevo, entro il mio seno
1275la bevanda vital tutta in veleno». (In atto di bevere)
 
 SCENA IX
 
 SEMIRA e detti
 
 SEMIRA
 Al riparo signor. Cinta la reggia
 da un popolo infedel, tutta risuona
 di grida sediziose e la tua morte
 si procura, si chiede.
 ARTASERSE
1280Numi! (Posa la tazza su l’ara)
 ARTABANO
                 Qual alma rea mancò di fede?
 ARTASERSE
 Ah, che tardi il conosco;
 Arbace è il traditore.
 SEMIRA
                                         Arbace estinto!
 ARTASERSE
 Vive, vive l'ingrato. Io lo disciolsi
 empio con Serse e meritai la pena
1285che il cielo or mi destina.
 Io stesso fabricai la mia ruina.
 ARTABANO
 Di che temi o mio re? Per tua difesa
 basta solo Artabano.
 ARTASERSE
 Sì corriamo a punir... (In atto di partire)
 
 SCENA X
 
 MANDANE e detti
 
 MANDANE
                                           Ferma o germano;
1290gran novelle io ti reco.
 Il tumulto svanì.
 ARTASERSE
                                 Fia vero? E come?
 MANDANE
 Già la turba ribelle
 seguendo Megabise era trascorsa
 fino all'atrio maggior. Quando chiamato
1295dallo strepito insano, accorse Arbace.
 Che non fe', che non disse in tua difesa
 quell'anima fedel! Mostrò l'orrore
 dell'infame attentato. Espresse i pregi
 di chi serba la fede. I merti tuoi,
1300le tue glorie narrò. Molti riprese;
 molti pregò, cangiando aspetto e voce
 or placido, or severo ed or feroce.
 Ciascun depose l'armi; e sol restava
 l'indegno Megabise
1305ma l'assalì, ti vendicò, l'uccise.
 ARTABANO
 (Incauto figlio!)
 ARTASERSE
                                Un nume
 m'inspirò di salvarlo. È Megabise
 d'ogni delitto autor.
 ARTABANO
                                       (Felice inganno!)
 ARTASERSE
 Il mio diletto Arbace
1310dov'è? Si trovi e si conduca a noi.
 
 SCENA ULTIMA
 
 ARBACE e detti
 
 ARBACE
 Ecco Arbace, o monarca, a' piedi tuoi.
 ARTASERSE
 Vieni, vieni al mio sen; perdona amico,
 s'io dubitai di te. Troppo è palese
 la tua bella innocenza; ah fa' ch'io possa
1315con franchezza premiarti. Ogni sospetto
 nel popolo dilegua e rendi a noi
 qualche ragion del sanguinoso acciaro
 che in tua man si trovò, della tua fuga,
 del tuo tacer, di quanto
1320ti fece reo.
 ARBACE
                       S'io meritai signore
 qualche premio da te, lascia ch'io taccia;
 Il mio labro non mente.
 credi, a chi ti salvò. Sono innocente.
 ARTASERSE
 Giuralo almeno. E l'atto
1325terribile e solenne
 faccia fede del vero. Ecco la tazza
 al rito necessaria. Or seguitando
 della Persia il costume,
 vindice chiama e testimonio un nume.
 ARBACE
1330Son pronto. (Prende in mano la tazza)
 MANDANE
                          (Ecco il mio ben fuor di periglio).
 ARTABANO
 (Che fo? Se giura, avvelenato è il figlio).
 ARBACE
 «Lucido dio, per cui l'april fiorisce,
 per cui tutto nel mondo e nasce e muore...»
 ARTABANO
 (Misero me!)
 ARBACE
                            «Se il labro mio mentisce,
1335si cangi entro il mio seno
 la bevanda vital...» (In atto di voler bere)
 ARTABANO
                                      Ferma; è veleno.
 ARTASERSE
 Che sento!
 ARBACE
                       Oh dei!
 ARTASERSE
                                        Perché finor tacerlo?
 ARTABANO
 Perché a te l'apprestai.
 ARTASERSE
                                            Ma qual furore
 contro di me?
 ARTABANO
                             Dissimular non giova;
1340già mi tradì l'amor di padre. Io fui
 di Serse l'uccisore. Il regio sangue
 tutto versar volevo. È mia la colpa,
 non è d'Arbace. Il sanguinoso acciaro
 per celarlo io gli diedi. Il suo pallore
1345era orror del mio fallo. Il suo silenzio
 pietà di figlio. Ah se minore in lui
 la virtù fosse stata o in me l'amore
 compivo il mio disegno
 e involata t'avrei la vita e il regno.
 ARBACE
1350Che dice!
 ARTASERSE
                     Anima rea! M'uccidi il padre;
 della morte di Dario
 colpevole mi rendi; a quanti eccessi
 t'indusse mai la scelerata speme!
 Empio morrai.
 ARTABANO
                               Noi moriremo insieme. (Snuda la spada e seco Artaserse in atto di difesa)
 ARBACE
1355Stelle!
 ARTABANO
               Amici, non resta
 ch'un disperato ardir. Mora il tiranno. (Le guardie sedotte si pongono in atto d’assalire)
 ARBACE
 Padre che fai?
 ARTABANO
                             Voglio morir da forte.
 ARBACE
 Deponi il ferro o beverò la morte. (In atto di bere)
 ARTABANO
 Folle che dici?
 ARBACE
                             Se Artaserse uccidi,
1360no, più viver non devo.
 ARTABANO
 Eh lasciami compir. (Come sopra)
 ARBACE
                                         Guardami, io bevo. (Come sopra)
 ARTABANO
 Fermati figlio ingrato.
 Confuso, disperato
 vuoi che per troppo amarti un padre cada?
1365Vincesti ingrato figlio, ecco la spada. (Getta la spada e le guardie sollevate si ritirano fuggendo)
 MANDANE
 O fede!
 SEMIRA
                 O tradimento!
 ARTASERSE
                                              Olà seguite
 i fugaci ribelli ed Artabano
 a morir si conduca.
 ARBACE
                                      Oh dio! Fermate;
 signor, pietà.
 ARTASERSE
                           Non la sperar per lui.
1370Troppo enorme è il delitto. Io non confondo
 il reo coll'innocente. A te Mandane
 sarà sposa, se vuoi; sarà Semira
 a parte del mio trono;
 ma per quel traditor non v'è perdono.
 ARBACE
1375Toglimi ancor la vita. Io non la voglio,
 se per esserti fido,
 se per salvarti, il genitore uccido.
 ARTASERSE
 O virtù che innamora!
 ARBACE
                                            Ah non domando
 da te clemenza; usa rigor ma cambia
1380la sua, nella mia morte. Al regio piede
 chi ti salvò, ti chiede (S’inginocchia)
 di morir per un padre. In questa guisa
 s'appaghi il tuo desio.
 È sangue d'Artabano il sangue mio.
 ARTASERSE
1385Sorgi, non più. Rasciuga
 quel generoso pianto anima bella.
 Chi resister ti può? Viva Artabano.
 Ma viva almeno in doloroso esiglio;
 e doni il tuo sovrano
1390l'error d'un padre, alla virtù d'un figlio.
 CORO
 
    Giusto re, la Persia adora
 la clemenza assisa in trono,
 quando premia col perdono
 d'un eroe la fedeltà.
 
1395   La giustizia è bella allora
 che compagna ha la pietà.
 
 Baletto
 
 Il fine